L’unione dei Comuni del Forlivese di “stampo PD” è un Ente inutile, mal gestito e con sperpero di fondi pubblici

“A suo tempo ce le hanno propinate condite da parole d’ordine quali “semplificazione e sburocratizzazione” ma oggi si palesano per quello che realmente sono: un’ulteriore occasione per rafforzare il potere di chi lo detiene già. Queste sono, a nostro parere, le unioni dei Comuni marcate PD. In gran parte progetti fallimentari, come convenuto anche da Anci, Corte dei Conti e Ministero dell’Interno: “L’associazionismo comunale forzoso è fallito. L’’obbligo per i piccoli comuni di mettere insieme le funzioni su base demografica va messo definitivamente da parte per ripartire invece da forme di aggregazione spontanea, dal basso, sulla base di bacini omogenei per territorio” (Italia Oggi 30/10/2015). Anche l’unione dei Comuni della Romagna forlivese non sfugge a questa regola mostrando, nello specifico, una grande anomalia: l’eccessivo peso politico e di governance del Comune di Forlì che sbilancia di fatto quella che dovrebbe essere una positiva collaborazione alla pari”: a lanciare l’accusa sono i due consiglieri comunali del Movimento 5 stelle di Forlì Simone Benini e Daniele Vergini.

“Una egemonia di Forlì che riscontriamo anche nel “mostro finanziario” Livia Tellus Romagna estesa a tutti i comuni dell’Unione, una holding al cui interno è stato purtroppo inserito il progetto della società “in house” per la gestione dei rifiuti; pur condividendo la scelta di gestire questo servizio tramite una società pubblica, guardiamo con preoccupazione alla piega che ha preso il progetto, ritenendo che un consorzio intercomunale avrebbe garantito minori spese ed un controllo più diretto sulle scelte della società”: ricordano i consiglieri comunali del Movimento 5 stelle di Forlì.

I pentastellati ricordano anche un altro esempio di gestione negativa da parte dell’Unione, quello dei servizi di polizia municipale: “Un servizio che già all’origine risultava sottodimensionato rispetto ai parametri di legge, è stato ulteriormente ridotto con l’avvento dell’Unione. Ci sembra decisamente contraddittorio l’inserimento in organico di 2 vice comandanti ed 1 comandante, mentre si assiste ad un contemporaneo tragico sottodimensionamento degli agenti sul territorio; per fare un esempio di questa insufficienza di uomini a disposizione: se la sera, dopo le 18, dovesse verificarsi un qualsiasi incidente sul territorio di uno dei comuni, dovrebbe essere la pattuglia dei Vigili di Forlì (la sola a garantire servizi h24) a farsi carico del problema, lasciando la città di origine completamente sguarnita. Come possiamo definire questa scelta se non disorganizzazione?”: si domandano i consiglieri comunali del Movimento 5 stelle di Forlì Simone Benini e Daniele Vergini.

“In attesa di conoscere nel dettaglio il bilancio consuntivo 2015 dell’Unione, voci di corridoio ci assicurano che solo nel caso i cui i dipendenti avessero lavorato in modo impeccabile i costi di gestione potranno risultare, al massimo, pari a quelli del periodo pre-Unione, mentre è molto più probabile che il vero risultato sarà un aumento dei costi; se questo dovesse concretizzarsi potremmo dire senza possibilità di smentita che il Pd ha fallito ed ha sperperato soldi pubblici”.

I due consiglieri M5S comunicano poi di aver recentemente appreso che la Segretaria dell’Unione, Anna Maria Galassi, non è iscritta all’Albo Nazionale dei Segretari Comunali e Provinciali, caratteristica che sembrerebbe essere necessaria per rivestire questo importante incarico e affermano: “Ci chiediamo, al di là della sua legittimità, come questa nomina, varata dal precedente sindaco Balzani, possa essere stata ritenuta opportuna anche dall’attuale presidente dell’Unione e sindaco di Forlì, Davide Drei, che l’ha confermata; come può l’Unione dei comuni più grande d’Italia avere un segretario non iscritto all’albo!?”

I due esponenti pentastellati ricordano, infine, come Anna Maria Galassi sia già stata protagonista dell’incredibile sostituzione di tutte le determinazioni dirigenziali pubblicate online negli anni 2014 – 2015, effettuata d’ufficio (ammettendo che i file caricati in due anni di lavoro sull’albo pretorio erano ‘sperimentali e non validi’) e con il coinvolgimento dei dipendenti dell’ufficio ragioneria: “lei stessa aveva accusato i propri dipendenti di aver firmato digitalmente i file con la sua chiave privata, senza che ne fossero autorizzati. Un’incredibile anomalia che aveva dimostrato la totale mancanza di controllo sull’Ente da parte della dirigente“, concludono Daniele Vergini e Simone Benini.

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