Programma Urbanistica 2019

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La moderna città di Forlì ha una struttura urbanistica che è il risultato di varie espansioni più o meno compiute, programmate in periodi storici diversi, concentrate nel ventennio ‘70-’90. Questa crescita ha prodotto un sistema città che si porta dietro diverse criticità, sia dal punto di vista della mobilità che dei servizi. Si è costruita una città a misura di automobile, allargando a dismisura la cintura urbana, seguendo un calcolo solo economico: convertire terreni agricoli in edificabili, questo ha fatto la fortuna dei proprietari, abbandonare difficili imprese di ristrutturazione del Centro storico per le nuove costruzioni edificabili in pochi mesi, ha fatto la fortuna delle imprese edili, e riempito le casse comunali con gli oneri di urbanizzazione. C’è stato tanto lavoro, molto indotto, una buona crescita demografica dovuta a migrazione interna, poi la domanda si è esaurita e ci siamo ritrovati una città allargata con le infrastrutture non tutte completate nonostante i cospicui incassi comunali, molto suolo sigillato, un Centro storico desertificato, e una ineludibile dipendenza dall’auto privata.

I quartieri che sono stati completati, quelli più prossimi al centro, sono stati forniti di una buona dotazione di standard urbanistici, anche sopra i limiti imposti dalla legge, quindi scuole primarie, parcheggi, parchi di quartiere, verde pubblico e privato, anche di qualità, salvo lasciare in eredità ai posteri zone di vuoti urbani lasciati all’incuria del tempo, così come sono stati abbandonati molti patrimoni immobiliari pubblici, che si sommano a quelli privati svuotati dalla loro funzione e dimenticati.

In questi ultimi 5 anni, durante la consiliatura che ci ha visto all’opposizione, molte cose sono cambiate, la crisi economica è diventata strutturale, ed è cambiato il concetto stesso di città da parte della stessa Amministrazione che ora parla di città compatta (facendo una stupefacente inversione ad U rispetto a quanto fatto in precedenza), si è fatto imperativo, ma solo a parole, l’obiettivo di zero consumo di suolo, che la nuova Legge Urbanistica della Regione Emilia Romagna, di recente approvazione, deroga con un significativo 3% al limite di espansione del territorio urbanizzato, si è fatto largo nel dibattito urbanistico il concetto di rigenerazione urbana, che la Regione ha spinto oltre l’ostacolo delle limitazioni imposte da sempre dai piani regolatori, infine la legislazione tutta in questi ultimi anni ha anche promosso, incentivandola, la riqualificazione energetica e sismica degli edifici.

Ci troviamo quindi davanti una sfida: la crisi ha segnato questo territorio come altri del nostro paese, ma ci darà l’opportunità forse unica di acquisire una nuova consapevolezza: che il modello di crescita urbana non è più quello del passato, che il centro non può essere abbandonato a se stesso o trasformato in un ghetto dove vi è un’alta percentuale di persone non correttamente integrate. I quartieri che hanno sviluppato una propria comunità vanno sostenuti, meglio collegati al centro con sistemi di mobilità dolce e/o pubblica, com’è stato approfondito nel nostro capitolo Mobilità. La nostra Amministrazione si propone di interagire strettamente con tutte quelle realtà di quartiere che hanno una progettualità sulle infrastrutture da realizzare e desiderio di mutua collaborazione, e lo faremo con le modalità specificate nel capitolo Partecipazione.

Uno sguardo alla città

È necessario partire da un quadro conoscitivo sullo stato degli immobili pubblici, su quello di degrado di quelli privati e sulle strutture industriali inutilizzate o abbandonate.

Saranno quindi attentamente censite e vagliate le aree e gli edifici che saranno oggetto di progetti di rigenerazione urbana, nel pieno interesse pubblico, se realizzate su immobili/aree pubbliche, e sulle proprietà private senza derogare ai minimi standard di qualità, di sicurezza, di dotazioni urbanistiche a diretto servizio dei residenti.

I progetti di iniziativa privata dovranno allegare il piano di sostenibilità finanziaria perché non vogliamo più vedere edifici costruiti a metà, come nel caso dell’ex cinema Ciak in via Episcopio vecchio, che a nostro parere ha creato un danno di immagine al centro storico, se non addirittura un danno ambientale. Non vogliamo vedere scheletri di cemento abbandonati o capannoni fatiscenti: tutti gli immobili degradati di scarso pregio o non finiti dovranno essere abbattuti e le aree bonificate per ripulire il territorio da costruzioni inutili e dannose.

Le aree libere oggetto di convenzioni urbanistiche non attuate saranno destinati prioritariamente a servizi, aree agricole, o per finalità sociali rivolte a favorire l’insediamento di RSA, di social house e di cohousing per la terza età. Gli immobili confiscati alle mafie saranno considerati beni comuni e vincolati all’uso sociale.

In collegamento con il programma Università, in cui candidiamo Forlì ad essere “città universitaria a misura di studente”, definiremo un masterplan delle residenze universitarie per censire l’offerta esistente e aumentarla con il recupero di edifici esistenti di proprietà pubblica.

Intendiamo poi censire la condizione antisismica e la classe energetica di ogni edificio pubblico in carico al Comune. A tal proposito intendiamo realizzare un catasto energetico che ordini le documentazioni di conformità già in possesso al comune e continuamente incrementato, per poter realizzare un valido strumento che possa permettere la pianificazione di eventuali interventi energetici mirati e le reali esigenze di rinnovo.

LE NOSTRE PROPOSTE PUNTUALI

Centro storico

Una parte fondamentale degli interventi urbanistici del prossimo decennio sarà riservato al centro storico che deve diventare il cuore pulsante della città (si veda il capitolo dedicato). Per ottenere questo risultato si concentrerà in questo ambito la maggior parte degli investimenti in quanto il centro deve ritornare ad essere la parte della città dove la cittadinanza può riconoscersi come comunità.

Dal punto di vista urbanistico è fondamentale dare il via a percorsi di riqualificazione urbana, in modo da rendere attrattivo vivere nel centro cittadino. Sarà necessario variare le destinazioni d’uso degli immobili che ricadono nel centro che incidono di fatto sulla percezione dei cittadini e dei turisti. Servono inoltre progetti di rigenerazione urbana, con i quali si deve invertire la tendenza che ha portato ad allontanare i vecchi residenti per molti dei nuovi provenienti da altre etnie, producendo quel fenomeno di ghettizzazione che si sta pagando con lo spopolamento del centro storico. Riportare per esempio giovani coppie ad abitare il centro significa proporre loro un modello di vita: spostarsi senza auto, sicurezza, scuole primarie, servizi di primo soccorso pediatrico, luoghi di aggregazione per giovani famiglie, negozi di quartiere, cioè tutti quegli standard abitativi che permettono alle persone di uscire di casa e trovare ciò di cui hanno bisogno. Perché se del Centro storico vogliamo farne una città vissuta, abitata, dobbiamo tener presente che la vita non si vive solo nelle proprie mura domestiche, la vita è fuori casa, negli spazi di relazione. Quindi la rigenerazione urbana anche se di iniziativa privata non potrà prescindere da un alto livello di qualità della vita che sarà nostra cura studiare e conformare.

La nostra Amministrazione metterà a bando solo progetti finanziariamente sostenibili, evitando di assegnare titoli edilizi per nuove costruzioni per poi trovarci con costruzioni monche, fallimenti, scheletri di cemento e cattedrali vuote che degradano il paesaggio.

Dentro e fuori le mura

All’interno e a ridosso delle mura storiche vi sono aree ed immobili pubblici e privati in stato di abbandono che devono essere rigenerati o recuperati. Tra questi si possono citare (rimandando al nostro programma cultura per alcune specificità):

  • area ex Eridania (sito privato ma strategico per la città)
  • rocca di Ravaldino
  • ex caserma della Ripa
  • ex teatro Apollo (proprietà privata)
  • ex cinema/teatro arena di via G. Regnoli (proprietà privata)
  • palazzo Gaddi e i suoi Musei
  • palazzo del Merenda (proseguiremo nelle opere di recupero attivate in questa consiliatura)
  • mercato ortofrutticolo viale V. Veneto
  • ex Atr di cui monitoreremo i lavori già finanziati
  • ex scalo merci, area destinata ad usi urbani
  • ex palazzo Enel piazza Guido da Montefeltro (proprietà privata)

alle quali si può aggiungere anche l’area di piazza Guido da Montefeltro di fronte al S.Domenico, il cui progetto di riqualificazione è stato approvato nella appena passata consiliatura, e vedrà la luce nella prossima. Valuteremo quel progetto nei dettagli e cercheremo di migliorarlo, perchè per ora ci sembra un progetto di mero restyling, mentre l’area del San Domenico merita una riprogettazione profonda, la nostra ambizione è ricostruire un’area ben infrastrutturata, tale da poter essere veramente connessa alla città e ai circuiti turistici nazionali ed internazionali.

L’area Ex Eridania è di proprietà privata, già nel nostro programma elettorale del 2014 avevamo posto l’attenzione su questo sito industriale, da tempo dismesso, nel cuore della città. È una proprietà privata ma è anche un luogo molto legato alla memoria della città, fu anche oggetto di una petizione firmata da 700 cittadini nel 2010, pertanto ribadiamo la nostra volontà di farci promotori, agevolatori, ed in parte realizzatori di un progetto di rigenerazione urbana che riproponga un uso differente di quell’area, un utilizzo collettivo nei settori selezionati attraverso una ricerca partecipata, quindi tra gli usi teatrali e di laboratori di produzione artistica, museale, sportivo, congressuale, piccolo commercio ecc.

Per la parte pubblica possono essere recuperate le aree a verdi creando un parco per la zona nord del centro storico che è meno fornito di verde pubblico, o, come indicato nel programma cultura, un orto botanico pubblico in memoria di Pietro Zangheri, noto naturalista forlivese.

Le periferie (Forlì città multicentrica)

Lo sviluppo urbanistico della città che chiameremo centrifugo ha portato di fatto ad avere una città somma di quartieri più o meno organizzati, più o meno collegati tra loro e con il centro storico. Questa politica ha prodotto quella che si chiama “città diffusa” un’espansione rapida allargata nelle periferie che si porta dietro le criticità che vediamo oggi: difficoltà di sostenere un servizio efficiente e capillare del trasporto pubblico, maggiori impegni di spesa per la manutenzione delle infrastrutture realizzate, adeguamento alle nuove esigenze di mobilità che insistono su vecchie infrastrutture, maggior onerosità per la realizzazione dei percorsi ciclabili (non previsti in espansione in sede di progettazione), dipendenza da auto privata, elevato tasso di auto private, distanza dai servizi, elevato consumo di suolo.

Questa scelta urbanistica ha portato conseguenze anche dal punto di vista sociale: la dispersione della popolazione svuotando il centro storico, e di contro spazi urbani vuoti non attuati, per evidenti errori previsionali di crescita demografica ed economica. I quartieri si sono sviluppati in modo disomogeneo, ma con un unico comune denominatore: la mancanza di una politica aggregante, qualificante e partecipata.

La nostra ricetta:

  • Recuperare le periferie responsabilizzando i comitati di quartiere attivando una vera e continua azione di ascolto e partecipazione con i coordinatori e cadenzando la loro partecipazione nei tavoli comunali

  • Fare una ricognizione delle aree non attuate e residuali, degli edifici commerciali, produttivi, direzionali dismessi, pubblici e privati, confermando la destinazione esistente o riassegnando loro un nuovo uso partendo dalle esigenze degli abitanti del quartiere e dalle esigenze della città

  • Reperire e recuperare nei quartieri edifici per sedi di quartiere dotate di servizi attrattivi come la connessione internet, aule studio per studenti ecc.

  • Realizzare percorsi pedonali e ciclabili sicuri per collegare aree ed edifici pubblici, come scuole e parchi, nel quartiere e tra i quartieri

  • Incentivare, in collegato con il piano urbano per la mobilità, il trasporto pubblico locale, sperimentando forme di gratuità proprio nei collegamenti centro/periferia

  • Revisionare la rete infrastrutturale per garantire la sicurezza degli utenti.

Riqualificazione industriale

Argomento di grande attualità perché riassume in sé la diatriba tra lavoro e salute, tra ambiente ed economia. La nostra Amministrazione ha l’ambizione di voler sanare questa frattura riportando la questione ambientale sullo stesso piano di quella produttiva. Non può più esistere questa dicotomia: l’Amministrazione, come ribadito nel nostro capitolo Ambiente, si farà garante che i nuovi insediamenti industriali abbiano tutti i requisiti di Legge anti inquinamento, e monitorerà che gli insediamenti esistenti abbiano attuato tutti gli adeguamenti.

Nella formulazione dei nuovi strumenti urbanistici così come previsti dalla nuova Legge Urbanistica Regionale, terremo senz’altro conto delle criticità che derivano dalla vicinanza delle attività produttive inquinanti alle zone residenziali, partendo da un’indagine sanitaria di biomonitoraggio per poter valutare l’esposizione umana alle concentrazioni di inquinanti presenti nell’ambiente, e valutando di conseguenza le migliori azioni da intraprendere.

Siamo consapevoli che gli inceneritori rappresentano uno dei più grossi problemi da questo punto di vista, come opposizione in questi anni abbiamo sempre contrastato le scelte scellerate della Regione ER con la complicità, più o meno esplicita, del Comune, in merito agli aumenti di potenzialità di carico. Il nostro governo della città sarà molto attento ad agevolare la chiusura degli inceneritori ed accompagnare la nascita delle “fabbriche del riuso”, come specificato nel nostro capitolo Ambiente.

Di contro, la progressiva deindustrializzazione che Forlì sta comunque sopportando comporta la necessità di prevedere la bonifica di tali aree, il riutilizzo e riappropriazione agli usi urbani, o, semplicemente riportando tali aree al territorio naturale, sempre nell’ottica del saldo zero sul consumo di suolo. I capannoni dismessi, le aree industriali abbandonate, sono la spina nel fianco dei nostri territori, e se non possono essere convertiti, se la proprietà non è più in grado di occuparsene, occorre mettere in campo delle azioni risolutive. Dialogheremo con i proprietari di tali aree, consapevoli che occorre trovare una soluzione che trovi l’accordo tra l’interesse pubblico e il diritto privato. Attueremo dei percorsi partecipativi per cercare le migliori soluzioni per superare quello che abbiamo già definito un danno ambientale e di immagine della città.

Infine, in tema di soluzioni ecosostenibili promuoveremo la ricerca di forme di incentivazione, anche fiscale, per favorire la buona pratica dei “Tetti Verdi” (assorbimento polveri sottili, regolazione raccolta acque meteoriche, migliore isolamento, etc.) per le coperture dei capannoni industriali e artigianali o, in alternativa, la copertura completa di tali aree con sistemi produzione di energia fotovoltaica.

Centri Commerciali

Quest’ultima consiliatura sarà ricordata, dal punto di vista urbanistico, per quella che ha revisionato e sbloccato il piano del commercio e introdotto nuove aree per i Centri commerciali di media-grande superficie, concentrate nelle zone fuori dalla cinta urbana, secondo una scelta politica già intrapresa da tempo la cui ricaduta sul centro storico è sotto gli occhi di tutti. Infatti, con l’ultima variante urbanistica del dicembre 2017, sono state approvate le nuove aree per il commercio e portati a convenzione piani urbanistici attuativi per nuovi centri commerciali, uno in ampliamento al Globo a Pieveacquedotto, l’altro a Coriano tra via Bertini e via Bernale, oltre al comparto tra via Roma-via Zangheri, in attesa dell’area ex Centrale Avicola in viale dell’Appennino. Grossi investimenti, in cambio di qualche infrastruttura e rimpinguamento delle casse del Comune. Perchè questo è l’urbanistica di questa Amministrazione: un’agenzia di allocazione di pezzi di territorio a zero rischio imprenditoriale, avendo come unico interesse pubblico un profitto temporaneo lasciando in secondo piano la valutazione degli effetti sul territorio.

Con la nostra Amministrazione porteremo l’urbanistica al centro del dibattito cittadino, ripartiremo dal patrimonio esistente e solleciteremo i progetti di rigenerazione anche di iniziativa privata, ma nel solo interesse pubblico. Se cederemo un’area o ne cambieremo la destinazione urbanistica o i parametri edificatori, sarà perchè in cambio avremo soprattutto un progetto che va nella direzione dell’interesse collettivo. Riteniamo che un eccesso di grossi centri commerciali non porti ad un vero sviluppo alla città, considerando l’intensificazione del traffico anche pesante ed i grossi edifici di poco pregio architettonico che si svuotano di notte, la sigillazione di territorio a saldo negativo, ed il rischio incombente, in caso di fallimento, di ritrovarsi il territorio deturpato da capannoni dismessi. Pianificare significa anche non cadere nella trappola degli specchietti per le allodole, una seria pianificazione non può prescindere da studi di previsione seri e a lungo termine, magari non affidati agli investitori privati. Come si sente spesso dire in Consiglio comunale, “se vengono ad investire qui significano che sanno che ci sarà un ritorno economico, mica son matti!”. La nostra Amministrazione segnerà il passo anche su questo argomento: sceglieremo gli investimenti solo all’interno di un perimetro di vera pianificazione di iniziativa pubblica, guardando al futuro e all’evoluzione delle modalità di commercio.

Nuova Legge Urbanistica: il nostro approccio

La nuova legge Urbanistica della Regione Emilia Romagna, n. 24 del 21 dicembre 2017, prevede entro i prossimi anni la stesura del nuovo Piano Urbanistico Generale. Sarà nostro compito, avendo contestato duramente questa iniziativa legislativa per l’approccio eccessivamente liberistico che contiene, apportare nell’ambito dei nuovi patti operativi tutte le istanze che contengano il disegno di una città bella anche nel tempo, senza operazioni di restyling a basso costo, il rispetto degli standard dei servizi e degli spazi di relazione, perché non si vive solo nei propri metriquadri, finalizzato alla coesione sociale che è l’esatto opposto della ghettizzazione. Ci muoveremo all’interno della cornice predisposta dalla Legge regionale, consapevoli dello strumento che avremo a disposizione, che l’art. 34 riassume nella “strategia per la qualità urbana ed ecologico-ambientale”.

Proprio per rimarcare quello che è il nostro principale obiettivo anche nel programma urbanistica, avremo sempre un occhio vigile ed attento sulla legalità che per noi è un bene collettivo (vedi il capitolo sicurezza del programma) prendendo molto sul serio il comma 4 dell’art. 38 della legge urbanistica sopra richiamata, che impone le informazioni antimafia per i soggetti privati che propongono progetti urbanistici e recepisce le disposizioni dell’Autorità nazionale anticorruzione e le norme contro i conflitti di interesse. Anticipando, quindi, al momento della stipula della convenzione urbanistica, prima della fase edilizia, l’informativa antimafia. Viste le cifre importanti, ed i numerosi ettari di terreno impegnati per la realizzazione di grossi appalti, non si può sottovalutare la possibilità di infiltrazioni mafiose, soprattutto in un momento di crisi come questo, dove la liquidità scarseggia e l’unica vera impresa in attivo pare essere quella della criminalità organizzata. L’unico Comune che, ad oggi, si è provvisto di questo protocollo è stato Reggio Emilia, chiaramente dopo aver amaramente constatato quando permeabile fosse stata la città agli investimenti provenienti da organizzazioni criminali. Una misura di autotutela doverosa anche nei confronti della città, che non deve potersi svegliare un giorno e trovare la propria economia drogata e la propria identità sbiadita.

Beni confiscati alle mafie

Forse non tutti sanno che attualmente sono presenti nel registro dei beni confiscati alla criminalità organizzata ben 31 particelle (quasi tutte classificate come “Unità immobiliare per uso di abitazione e assimilabile”), pertanto il nostro governo della città affronterà questo argomento con la serietà dovuta e l’attenzione che merita. Il valore complessivo di questi cespiti ammonta a circa 18 milioni di euro facente parte di un sequestro più cospicuo di circa 200 milioni di euro. E la previsione è che nell’anno in corso questi quantitativi di beni immobili, dato il pregresso, possa anche aumentare notevolmente. Questi beni a confisca definitiva sono una enorme risorsa economica per il Comune in quanto sopperiscono a funzioni sociali di necessità, essendo la loro destinazione prevalentemente vincolata. Ci impegnamo a gestire questi immobili come beni comuni in veri progetti socialmente utili o di edilizia sociale.

Occorre prestare la massima attenzione all’evolversi del giudizio in quanto, a seguito della confisca, l’ente locale deve attivarsi immediatamente per entrare in possesso dei beni stessi, considerando che nel lasso di tempo intercorso dal sequestro alla confisca i beni possono ammalorarsi o subire atti di vandalismo. Pertanto il Comune deve poter disporre preventivamente di una riserva economica per far fronte al ripristino degli immobili e avere già pronto un piano per dar loro una destinazione d’uso in breve tempo, per non rischiare di perdere il diritto di acquisizione che comporterebbe l’immissione sul libero mercato tramite aste giudiziarie con il rischio di riportarli nella disponibilità delle mafie.

Marketing urbanistico

L’amministrazione comunale deve farsi promotrice del Marketing Urbanistico utilizzando piattaforme già esistenti e implementando delle nuove sul proprio sito: in caso di emergenze territoriali (aree dismesse, aree inquinate, aree di trasformazione) il ruolo dell’amministrazione è quello di creare un database accessibile e pubblicizzato per monitorare e ricercare i potenziali investitori, a differenza delle precedenti amministrazioni che aspettavano l’intervento di “portatori di interesse”. L’amministrazione deve promuovere la soluzione delle questioni urbanistiche agendo da mediatore e facilitatore, rendendosi disponibile a seguire anche percorsi partecipati di revisione delle opportunità urbanistiche fornite da aree non più indicizzate che non vedono più sviluppo con gli attuali indici e destinazioni.

Rapporto dei privati con la PA

Abbiamo l’obiettivo ambizioso di sburocratizzare l’iter per il rilascio dei titoli edilizi, per la presentazione di istanze urbanistiche e di facilitare il dialogo tra i cittadini, professionisti e i tecnici della PA. Nella consapevolezza che tutti gli attori in scena dovrebbero avere tutti lo stesso interesse: rendere funzionale e bella la città, pur esercitando i propri diritti privati o di interesse pubblico, e operare quelle trasformazioni del territorio o el patrimonio immobiliare per rispondere alle esigenze del vivere contemporaneo. Il nuovo Piano Urbanistico Generale ci offre in effetti un’occasione per rivedere le norme comunali di Piano e i regolamenti edilizi, abolendo le contraddizioni normative in modo da dare risposte chiare ed inequivocabili ai cittadini, agli imprenditori e ai professionisti. A questo proposito intendiamo:

  • Rivedere la modalità delle prenotazioni online per gli appuntamenti con i tecnici degli uffici, cercare soluzioni praticabili da parte degli utenti.

  • Dare risposte in tempi certi alle istanze edilizie ed urbanistiche, in modo che i progetti non siano soggetti a continue revisioni da parte della PA. Molti imprenditori vogliono rispettare le regole ma non sopportano le perdite inutili di tempo e può capitare che l’intervento previsto non venga fatto o realizzato in misura molto minore.

  • Non richiedere nell’istruttoria dei progetti di allegare documenti già in possesso della PA. Troviamo una inutile perdita di tempo e di denaro dover fornire agli uffici la documentazione urbanistica prodotta dalla PA e quindi già in suo possesso (stralci di Piano, regolamenti ecc.)

  • Utilizzare il formato digitale per la presentazione del progetto ed invio esclusivamente tramite PEC, richiedendo versioni cartacee solo quando strettamente necessario

  • Indagine conoscitiva sulle pratiche sospese e formalizzare un limite sui tempi di definizione

  • Interloquire con al regione per snellire la modulistica e renderla più chiara

  • Istituire una Commissione di qualità operativa, formata da un rappresentante degli uffici, un delegato per ordine professionale, uno per associazioni di categoria, che periodicamente durante l’anno valuti la produttività degli uffici in rapporto alle pratiche approvate.

Urbanistica partecipata

L’organizzazione e la pianificazione territoriale determinano sia la qualità di vita, sia la ricchezza locale e pertanto è necessario importare e integrare i processi decisionali consueti con quelli più avanzati. Numerosi comuni stanno sperimentando con successo sia il “bilancio partecipativo”, sia gli strumenti referendari, ai quali intendiamo affiancare tecniche di “pianificazione partecipata” che consentono di prendere decisioni migliori poiché i cittadini sono coinvolti direttamente nel processo di trasformazione del territorio.

Per questo vogliamo promuovere le attività dei Consigli di Zona, attribuendo loro una funzione consultiva specifica sulle questioni urbanistiche, per discutere territorio per territorio, quartiere per quartiere, problematiche ed aspirazioni per la definizione di nuovi assetti urbanistici. I cittadini devono poter incidere sulle scelte urbanistiche importanti per il territorio al fine di evitare opere inutili e cantieri infiniti.

Gestione corretta degli Oneri di Urbanizzazione

Gli oneri di urbanizzazione, e i contributi sul costo di costruzione e straordinari, non devono in nessun modo andare a coprire altre voci di spesa del bilancio comunale estranee all’ambito urbanistico (come a volte è successo nella passata amministrazione), ma essere destinati alla realizzazione e miglioramento degli standard urbanistici, delle infrastrutture e della loro manutenzione: vincoleremo una parte gli introiti derivanti dagli oneri di urbanizzazione ad un’effettiva riqualificazione prima di tutto del quartiere interessato dalla variante e poi ad un fondo perequativo per gli altri quartieri.

Gestione qualificata del verde

In questo paragrafo ci occupiamo delle aree verdi dal punto di vista territoriale, mentre si rimanda al capitolo sull’Ambiente del programma per l’aspetto strettamente ambientalistico.

Le aree verdi di nuova progettazione, anche nelle aree industriali, dovranno essere concretamente realizzate e non “monetizzate” (che significa pagare per non realizzarle). Il verde deve diventare una vera risorsa di valorizzazione ambientale della città, preservato e curato attraverso un piano di interventi di manutenzione che prevedano anche l’impiego di lavoratori socialmente utili. Si propone anche l’impiego di manutenzioni del verde partecipato da parte dei cittadini e dalle imprese anche attraverso strumenti di sponsorizzazione o dei patti di collaborazione.

La nostra Amministrazione si preoccuperà di pianificare le aree di verde urbano, naturale o progettato, pubblico o privato in modo organico, mediante per esempio:

  • Piano di manutenzione, tutela e ampliamento delle aree verdi, e dei parchi pubblici tale da consentire un miglioramento generale delle condizioni di respirabilità dell’aria all’interno della zona urbana, soprattutto quella più fragile (zona industriale, arterie di traffico pesante, aeroporto);

  • Valorizzazione del patrimonio forestale locale, incrementando le nuove piantumazioni, ponendo attenzione alla tutela della biodiversità, della fertilità e della stabilità idrogeologica dei suoli. Vogliamo inoltre intensificare la manutenzione di fiumi, torrenti, canali e fossi, per evitare fenomeni di esondazione. La manutenzione dei fossi e degli scoli è obbligatoria per i frontisti, questo va sottolineato e controllato;

  • Riqualificazione del tratto urbano del fiume Montone, a valle di ponte Schiavonia che ad oggi si presenta più come una frattura del tessuto urbano che come una risorsa naturalistica e turistica all’interno della città (vedi capitolo Turismo), inoltre creare degli attraversamenti pedonali e ciclabili sul fiume Montone, intervento che risanerebbe la frattura tra il centro e l’area al di là del fiume e devierebbe una parte di quel tipo di utenza da Porta Schiavonia che si trova in quel punto a stretto contatto con il traffico automobilistico.

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